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sabato 27 ottobre 2012

Fiscal compact

Se è così  forse il peggio deve ancora venire.


Il fiscal compact vincolerà il nostro Paese alla riduzione del debito pubblico per una cifra di 45 miliardi di euro l’anno per vent'anni, con variazioni possibili a seconda che si inneschi o meno la crescita economica vaticinata dal Governo Monti. Colpiscono due fatti. Il primo: la portata anche giuridica e simbolica dell'atto, poiché il dispositivo entra a far parte della Costituzione italiana, sancendo una cessione di prerogative giurisdizionali nazionali alla Ue. Una assai poco “compatta”, per estensione e profondità, misura di indirizzo e intervento di fatto ipoteca le politiche economiche dei prossimi decenni. Il secondo fatto: rinchiuso nel recinto presuntivamente asettico dell'impegno “tecnico” governativo ad allineare costantemente l'Italia all'Europa, il grave passo è stato, nella maggior parte dei casi, presentato dai media e, attraverso i media, ritrasmesso dai politici ai cittadini, come un matrimonio che s'ha da fare, tra alzate di spalle, “purtroppo” e genericissimi e paludati “l'Europa ci chiede”. Anche chi si è opposto, in politica, l'ha fatto con una certa strumentalità, usando il no al fiscal compact soltanto come arma di polemica immediata. Di fatto, di fiscal compact (e del collegato MES, Meccanismo Europeo di Stabilità: un fondo di 500 miliardi di euro per il sostegno delle banche o, al limite, degli Stati europei in difficoltà, cui l'Italia parteciperà versando più di 15 miliardi nei prossimi cinque anni – si tratta del fondo salva-Stati di cui spesso si legge sui giornali e si sente parlare nei tg) si è discusso poco o punto in questi mesi. La notizia, in sostanza, è stata costruita e presentata in modo anestetico come una necessità imposta dalle dure leggi dell'economia o, nella variante più briosa, come uno strumento per consolidare la nostra vocazione europeista e il nostro ruolo di primo piano nella Ue. Insomma, per tanta politica nostrana il compact è stato compattato e ridotto. Eppure, in quella ventina di paginette scritte spaziate, c'è il futuro duro e amaro di tante persone che hanno creduto di vivere nella società e nell'economia della crescita infinita.

In nome della crescita europea l’Italia sacrifica il suo fondamento costituzionale: approvando, senza dibattito e in via definitiva il disegno di legge di ratifica del Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e la governance nell’Unione economica e monetaria (il cosiddetto fiscal compact), la Camera ha spostato la sovranità dal popolo (come recita l’art. 1 della Costituzione) alla burocrazia europea.




Alberto Lucarelli, Fatto Quotidiano.it, 21 luglio 2012, Blog




1 commento:

  1. Sul MES e sul Fiscal Compact, e solo all'indomani della loro approvazione, c'erano cinque righe e mezza a pagina 7 del Corriere della Sera. Per Fiorito, Belsito, per gli stipendi dei parlamentari, per le auto blu e per le altre gravi ed imprescindibili questioni di natura comparabile, invece, non bastano tutte le cartiere riunite, e i telegiornali martellano a ciclo continuo. Intanto, oltre la cortina fumogena, portano avanti i loro piani, completamente indisturbati e senza nessuna opposizione politica.
    Lo capite, adesso, come si declina il termine propaganda e come veniamo tenuti in apnea, nel ventunesimo secolo?

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